Il racconto di una paura: i consigli della psicologa (terza parte)

Puntate precedenti:

Il racconto di una paura (prima parte)
Il racconto di una paura (seconda parte)

La psicologa amica dei miei che abbiamo contattato telefonicamente ci ha dato molte indicazioni su come affrontare la situazione. Qui di seguito elenco i consigli che ci sono stati più utili e che abbiamo seguito.

La prima cosa che ha fatto è stata cercare di capire da dove potesse essere stata generata la paura. Ho raccontato la nostra storia, lei mi ha fatto alcune domande e ha trattole sue conclusioni che mi sono sembrate corrette.

La paura è intimamente relazionata con l’insicurezza. Nel Malandrino questa è stata probabilmente causata dal nostro menage familiare. Da quando aveva circa 9 mesi (cioè da quando avevo ricominciato a lavorare), il Malandrino passava 2 giorni alla settimana con me, 2 con nonna tuttofare e due con mia suocera. Siccome siamo 3 persone completamente diverse e soprattutto mia suocera è molto ansiosa e sente molto la resposabilità, gli abbiamo dato dei messaggi contraddittori. L’esempio che mi era venuto in mente quando lei mi ha fatto notare questo è stato lo scivolo. Nonna tuttofare incoraggiava il Malandrino a salire sui gradini dello scivolo da solo, dicendogli che non c’era alcun pericolo. Io lo lasciavo fare, gli davo una mano solo quando mi chiedeva aiuto. Mia suocera gli diceva che non poteva assolutamente salire da solo, perchè i gradini sono pericolosi. Glielo ha detto fino ai 2 anni e mezzo circa . Ora, siccome per lui la nostra parola aveva esattamente la stessa valenza, non riusciva a capire se effettivamente ci fosse qualcosa di pericoloso o meno nel salire i gradini da solo. Spesso la soluzione era “Non lo voglio più fare”. Questo dello scivolo è solo un esempio, ma può essere esteso nei numerosi campi che l’educazione di un figlio/nipote comprende. Oggi so che il mio bambino è amplificato e che questa sua caratteristica ha giocato un ruolo importante in questa vicenda.

Per cercare di renderlo più sicuro di noi, soprattutto dopo l’arrivo della Patacca ci ha consigliato di dedicare al Malandrino del tempo esclusivo, senza la presenza della Piccola, chiedendo la collaborazione dei nonni.

Dovevamo prestare particolare attenzione alle nostre reazioni nei momenti di paura e di ansia e cercare di controllarci o, eventualmente, di limitare i danni . A me personalmente (qualche settimana dopo) è successo di spaventarmi per aver visto un insetto gigante in bagno. Avevo la luce negli occhi, quindi mi sembrava un calabone bello grosso. Lui ha subito reagito irrigidendosi e scappando dal bagno. Poi ,con una scopa, ho ucciso l’insetto e mi sono accorta che era solo una falena. Quindi l’ho raccolta nella paletta e, mentre gli dicevo che mi ero sbagliata e che le farfalle non  mi fanno paura, gliel’ho mostrata. Lui si è tranquillizzato, ma non voleva più entrare nel bagno. Io, memore delle parole della psicologa, gli ho semplicemente detto: “Io vado a lavarmi le mani. Ho avuto paura, ma ora l’insetto non c’è più e in bagno ci posso stare tranquillamente.” Dopo qualche ora è andato a fare la pipì. Ovviamente accompagnato da me, ma almeno è rientrato nel bagno.

La psicologa mi ha cosigliato di parlargli di qualche paura che io avevo da piccola e che ora non ho più, in modo da fargli passare il concetto che le paure sono transitorie e che non durano per sempre. Da piccola io avevo paura dei cani. La cosa migliore che potevo fare secondo lei era raccontare di questa paura mentre stavo accarezzando un cane. Abitiamo di fronte ad un parco e non è stato difficile trovare l’occasione giusta per poter mettere in pratica questo consiglio.

Il fatto che non volesse nemmeno sentir parlare del contatore era normale. Era meglio non insistere sul’argomento e lasciare che fosse lui, quando si sentiva pronto ad affrontarlo. Al massimo di provare a far affrontare il discorso al genitore che gli dava più sicurezza. Nel nostro caso il papà. E così, un giorno, Mixer ha provato a dare una botta alla porticina che chiude il contatore della luce sulle nostre scale e a dire “Prendi questa!”. Lui si è messo a ridere e poi ci ha portato anche il nonno Carmine e con lui ha voluto aprire la porticina. Poi ci ha portato anche me e siamo stati nell’androne delle scale per quasi mezz’ora ad aprire e chiudere la porta del contatore. In queste occasioni abbiamo scoperto che ciò che gli dava più fastidio era la lucina rossa intermittente. Gli abbiamo spiegato che il contatore serve per contare i numeri e gli ho fatto vedere come girano i numeri sul contatore del gas.

Visto che il nostro menage coinvolgeva i nonni è stata molto chiara nel dire che i nonni dovevano seguire queste regole ed adattarsi al Malandrino in questo periodo (che ci ha anticipato sarebbe satato lungo e pieno di passi avanti e ritorni indietro). Se i nonni non si fossero adattati avremmo dovuto tagliarli fuori. E così fu che i suoceri furono lasciati da parte.

Lui piano piano capiva ed accettava la razionalizzazione che stavamo facendo della sua paura. Verbalizzava anche le spiegazioni che noi gli davamo. Ma era quella parte irrazionale che lui non riusciva a dominare. Ad ogni modo, a furia di razionalizzare, è riuscito in qualche modo ad accantonare il problema per qualche tempo.

 

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