Da quando sono tornata al lavoro dopo la maternità di Giorgia, mi è stato chiesto nell’unico studio dove lavoravo a Cologno, di andare via perchè non c’era lavoro per tutti. Mi è stato chiesto per ben 4 volte nel giro di due anni. Ma io, non avendo altenative lavorative e dovendo lavorare per via del momento economico-disastroso che la mia famiglia stava passando, ho tenuto duro, ingoiando l’orgoglio e sognando un giorno di poter cambiare lavoro.
A marzo di quest’anno ho trovato un altro studio con cui collaborare. E’ a Besana Brianza. E’ lontano, ma i titolari sono due miei ex-compagni dell’università, mi trovo bene e mi stimolano a migliorare e a crescere nel lavoro. Ma lavoravo ancora troppo poco e mi sono messa a cercare un altro studio con cui collaborare. Melinda l’igienista (con cui è nato un rapporto di amicizia) mi manda in uno studio a Brugherio verso maggio. Comincio una nuova collaborazione con loro, ma lo studio è organizzato male, non mi trovo molto bene dal punto di vista organizzativo lavorativo, anche se i titolari sono due otttime persone. Decido di restare e vedere come va. A luglio succede che, nello studio di Cologno, Sotituzione Maternità (che non era stato mandato via al mio rientro) decide di andare via. Perciò Capo mi chiama a rapporto e mi chiede, come se nulla fosse, se me la sento di prendere in mano i pazienti di Sostituzione Maternità. Ho un attimo di confusione. Ma come? Non ero quella che tra i tuoi collaboratori avevi scelto di mandare via? Ti piace come lavoro o non ti piace? Ti fidi del mio lavoro o non ti fidi? Io non capisco. Chiedo spiegazioni e lui non spiega.
S- Non è stato molto stimolante lavorare per te negli ultimi 2 anni. Ogni tre mesi mi hai chiesto di andare via.
C- Vedi quando non si è apprezzati su lavoro si può reagire in tante maniere diverse e…
S- E infatti io mi sono cercata altri posti di lavoro.
Lui incassa e mi fa una faccia tipo ” se sei contenta tu”… Poi aggiunge:
C- Diciamo che da quando hai iniziato sei un po’ migliorata nella tempistica, ora vai molto meglio.
S- Vedi Capo, se è vero che lavorare è come andare in bicicletta e quindi te lo ricordi anche dopo un po’ di tempo che non lo fai, è anche vero che per riprendere un certo ritmo c’è bisogno di allenamento. E’ come andare in piscina, se non nuoti da un po’ e prima facevi 30 vasche in mezz’ora, prima di ritornare ad avere quel ritmo ci vuole un po’ di allenamento.
Lui non mi risponde e comunque ingoio ancora l’orgoglio e accetto il lavoro extra, compatibilmente con i miei nuovi impegni di lavoro ( leggi: non mi chiedere un altro pomeriggio lavorativo perchè non te lo do).
A ottobre inserisco la Patacca alla materna nella classe primavera. Mi rendo conto che non posso lavorare tre pomeriggi a settimana perchè altrimenti non vedrei più la piccola, anche perchè il venerdì porto il Malandrino in piscina e lei la lascio dalle nonne. Non rieco a sopportare l’idea di vederla una sola volta a settimana e decido di parlare con Brugherio e chiedere se al posto del pomeriggio posso lavorare di mattina. Loro se la prendono a morte e di tutta risposta mi fanno andare lì 4 mattine per fare poco e niente e poi mi dicono che al momento il lavoro è diminuito e che mi chiameranno al bisogno.
Ieri la rivelazione. Vado a Cologno e mi viene annunciato che anche l’altro collaboratore se n’è andato. Non era motivato, aveva perso entusiamo.
Siamo rimasti solo io e Capo. Non è strano tutto questo? Nella scelta tra i collaboratori aveva scelto di fare a meno di me. Poi i collaboratori sono andati via e sono rimasta solo io. Non per scelta, ma per necessità. Da parte di entrambi. Non è strano tutto questo? Voglio dire questo vai e vieni, questo scegliere ma in fondo senza poter scegliere davvero. Mi fa riflettere. Parecchio.