Percorsi

Il dipinto è  “Viale Alberato” di Gustav Klimt

É una parola che mi piace molto perché indica un cammino e quindi un imparare continuo e un rimodellarsi che dura tutta la vita. Le nostre ossa sono così. Si rimodellano continuamente sotto la spinta dei muscoli, degli ormoni. In gergo medico si dice rimaneggiamento osseo. Loro non hanno paura di questo continuo cambiamento, è il loro destino. E lo seguono. E lo accettano.
Il “rimaneggiamento ” continuo è anche il nostro destino, ma accettarlo non è sempre facile. Sono giunta a questa consapevolezza dopo anni di psicoterapia, in cui il mio rimaneggiamento psichico era talmente palpabile da non poter essere ignorato.

Vengo invece da una famiglia in cui un’offesa ricevuta 30 anni fa rimane un segno indelebile. Non importa se in 30 anni le esperienze di vita hanno cambiato totalmente la persona che ti ha offeso. Se era una mela marcia, lo resterà per sempre. Il figlio è uguale al padre e se tieni tuo figlio a dormire nel lettone, non gli insegnerai MAI a dormire da solo. Non importa se tu hai dei bisogni momentanei. Non ci sono fasi, non ci sono periodi di transizione. Tutto resta immutabile. Vivere così è come avere una spada di Damocle puntata sul collo. Non puoi permetterti di sbagliare, di avere tolleranza per certe situazioni. Fai fatica a perdonare gli altri, ma soprattutto te stesso.

Io ho detto no a questo modello.
È stata dura e difficile la strada che mi ha portato a questa consapevolezza. E ho ancora tanto cammino da fare.

La cosa più dura è stata rendermi conto che in qualche modo ero stata presa in giro. Come si può crescere pensando che tutto resti sempre uguale e poi accettare di cambiare, di diventare donna, madre? Di accettare che i figli crescano e si rendano a poco a poco indipendenti? Io sto ancora lottando con tutto questo. Con questi sentimenti contrastanti che a volte mi schiacciano e a volte mi esaltano. Perchè se è vero che è pesante pensare di non avere vie d’uscita, è  così elettrizzante pensare di poter essere in grado di cambiare il mio destino.

Homo faber est suae quisque fortunae: l’uomo è artefice del proprio destino.

Certe cose le possiamo cambiare, con fatica, a volte con dolore, ma ci sono percorsi attraverso cui dobbiamo passare. Se riusciamo a sentire noi stessi imbocchiamo strade che non possiamo fare a meno di percorrere. Non sappiamo ancora dove ci condurranno, ma non possiamo fare a meno di seguirle. E questo, lasciatemelo dire, è terribilmente emozionante. Abbiamo un foglio bianco davanti, tutto da scrivere.

Tutto ciò lo possiamo insegnare anche ai nostri figli. Possiamo dire loro che non c’è niente di irrimediabile, che non ci si deve abbattere di fronte alle difficoltà, ma si può reagire, seguendo il nostro percorso che, per quanto a volte possa essere doloroso, porta sempre a qualcosa di buono e di più grande. Basta saper leggere il percorso passato per poter scegliere quello futuro …

Questo è il mio augurio per l’anno nuovo.

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