La lingua speciale di Uri

La Patacca parla “Giargianese”. Tra tototti (biscotti), tatetti (spaghetti), duddùue (verdure) e quant’altro, se non indicasse quello che vuole, non si capirebbe nulla. Ed in effetti certe volte in cui cerca di dire una frase per intero, non si capisce davvero nulla. In queste occasioni è facile per noi pensare ad un libro che ci calza proprio a pennello. E non solo per le circostanze che vengono narrate, ma anche per l’età dei due protagonisti. Sto parlando del libro di David Grossman,” La lingua speciale di Uri”.

David Grossman è stato per me una scoperta recente. Dimenticato sulla porta del frigo, avevo un fogliettino che mi aveva scritto mia madre col suo nome e il titolo di un suo libro. Poi un giorno, al supermercato, l’ho visto sullo scaffale. Il Malandrino era a casa malato (come al solito) e volevo portargli un piccolo pensiero. Il titolo non era lo stesso, ma una volta letta la trama mi sembrava adatto alla nostra famiglia e al nostro “momento storico”.

Uri è un bimbo di un anno e mezzo e, ovviamente, non sa ancora parlare bene. Nessuno riesce a capire che cosa dice, nemmeno la sua mamma e il suo papà. Solo Yonatan, il fratello maggiore, che ha 5 anni, è in grado di decifrare la sua lingua. Tutti intorno a lui si affannano ad indovinare che cosa vuole dire Uri, e Yonatan, con la semplicità che caratterizza i bambini, ride di gusto e traduce. Ed è proprio lui, che, interpretando le parole del fratellino, risolverà il caso delle chiavi scomparse di nonno Amos.

E’ un libro divertente, che al Malandrino piace molto e spesso si sente fiero di essere l’unico interprete e traduttore della lingua speciale della Patacca, soprattutto con gli estranei.

E’ un libro che ci ha aiutato ad inserire la Patacca nel suo mondo, facendolo sentire importante.

E’ un libro che parla di fratelli e ne sottolinea la complicità.

Ha un solo difetto: la rilegatura. L’edizione che noi abbiamo preso (Oscar Mondadori Junior) è praticamente esplosa dopo qualche lettura. Ho dovuto mettere lo scotch a quasi tutte le pagine. Ci tengo a precisare che il Malandrino non è un distruttore di libri e che il suddetto libro non è finito nelle mani della Patacca: è proprio rilegato male.

Con questo post partecipo al Venerdì del libro di Homemademamma. Le altre partecipanti le trovate qui.

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13 commenti

  1. Ciao! Benvenuta nel folto gruppo delle partecipanti a “I venerdì del libro”!
    E’ bellissima questa tua proposta, io conosco Grossman di nome ma non ho nessun suo libro. Dico spesso che devo rimediare ma non l’ho ancora fatto…mi segno questo che hai recensito tu, magari se lo trovo in un’edizione più “solida” sarebbe meglio…la mia monella è proverbiale per come distrugge i libri, purtroppo 🙁

    Ciao!
    Maris

  2. Ciao e benvenuta nel gruppo! 😀
    A noi piace un sacco Grossman. Abbiamo letto “Itamar e il cappello magico”. Davvero bello!
    Questo che proponi non lo conosciamo; lo segno subito nella mia lista dei desideri
    Grazie della dritta
    Un bacio
    Paola

    • Ciao! E benvenuta anche a te , Monica! Secondo me può andar bene. L’età di lettura è consigliata a partire dai cinque anni. Grossmann gioca molto con le parole (forse dovrei dire Bianca Pizorno, che è la traduttrice): quello che dice Uri nella sua lingua, viene tradotto e trasformato dagli adulti in frasi senza senso che fanno molto divertire i bambini, soprattutto quando cominciano ad interessarsi alle lettere e ai giochi di parole.

  3. Ciao!
    A me Grossman piace molto sia per adulti (struggente il suo “A un cerbiatto somiglia il mio amore”) che per bambini (noi abbiamo “Ruti vuole dormire”).
    Il tema fratelli mi è caro, ne ho uno che sento raramente e che invece mi manca molto, invece il mio cucciolo rimarrà figlio unico per scelta. So che forse gli tolgo qualcosa ma spero che possa riuscire a creare legami affettivi forti con i cugini che vede spesso.

    • Ciao! E benvenuta anche a te! Che bel nickname che hai e la foto mi piace molto!
      “Ruti vuole dormire” noi non lo abbiamo, ma è proprio il titolo che mia madre mi aveva scritto sul foglietto!
      Capisco cosa vuoi dire con “il tema dei fratelli mi è caro”. E’ caro anche a me. Io non ho fratelli. Non mi è mai piaciuto. E nemmeno adesso che sono adulta me ne faccio una ragione: provo sempre una punta di invidia quando vedo 2 fratelli insieme. Ed è per questo che ho deciso di avere 2 figli.
      Comunque non tutto il male viene per nuocere! Come figlia unica ho potuto fare delle esperienze che, se avessi avuto dei fratelli, non avrei potuto fare. Ad esempio ho viaggiato moltissimo, sin dalla tenera età di 14 anni i miei mi hanno mandato a fare le vacanze all’estero. Questi viaggi mi hanno aperto moltissimo la mente, mi hanno lasciato delle amicizie, sono state le esperienze “pre-maman” (passami il termine) più belle che io abbia fatto!

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